Si è spento papa Francesco, il 266º della Chiesa cattolica, eletto il 13 marzo del 2019 e insediatosi sei giorni dopo. Colpa di una polmonite, è deceduto lunedì 21 aprile, a Casa Santa Marta, alle 7.35.
Chi era Papa Francesco? Un figlio di emigranti.
Jose Mario Bergoglio era nato il 17 dicembre del 1936, a Buenos Aires. Le sue origini erano italiane, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli. Ma c’è un’altra persona speciale nella sua vita: Rosa Margherita Vassallo, sua nonna, originaria della provincia di Savona, dalla quale ha ricevuto il primo annuncio cristiano. Rosa, come disse il papa un giorno, “mi diceva che c’è sempre un pezzo di pane da donare a chi sta peggio”.
Da AGI
Papa Francesco è stato il primo papa ad avere una chiara e identificabile storia di migrazione familiare alle spalle. Una consapevolezza che gli ha permesso di sollevare, negli anni del suo pontificato, la questione dei flussi migratori che hanno portato il Mediterraneo a trasformarsi in un “enorme cimitero a cielo aperto”.
La storia dei Bergoglio inizia il 14 agosto 1884, quando un contadino di 27 anni si recò negli uffici anagrafici del Comune di Asti per denunciare la nascita del figlio Giovanni Angelo, avvenuta il giorno precedente. Quel contadino era Francesco Bergoglio, bisnonno dell’attuale Pontefice argentino (che curiosamente ne ha ripreso il nome, anche se come omaggio al Santo dei poveri) le cui origini si trovano nell’Astigiano.
Giovanni Angelo Bergoglio si trasferì a Torino il 1° gennaio 1906, dove si sposò l’anno successivo con Rosa Vassallo (la famosa nonna Rosa, citata spesso dal Papa), originaria dell’entroterra ligure, e dove il 2 aprile 1908 nacque Mario, padre del Pontefice. La famiglia, tuttavia, ritornò a vivere ad Asti nel 1918, da cui poi partì, il 1° febbraio 1929, per l’Argentina. Tanto che risultano iscritti all’Aire (l’elenco anagrafico degli Italiani residenti all’estero) del Comune di Asti due sorelle (Maria Elena e Marta Regina Bergoglio) e un fratello (Alberto Horacio Bergoglio) del Papa, nati successivamente a Buenos Aires”.
Da LA VOCE d’ITALIA
La morte di Papa Francesco ha scosso profondamente la vita di tutti gli argentini. Sin dalle prime ore del mattino, centinaia di persone si sono riversate nella Cattedrale Metropolitana di Buenos Aires, dove la messa del lunedì si è trasformata in un’occasione di raccoglimento per piangere la scomparsa del primo Papa argentino. E anche italiano. Mario Jorge Bergoglio era infatti discendente di piemontesi e, in quanto tale, vicino alla comunità italo-discendente in Argentina.
“Il papato di Francesco lo abbiamo vissuto con una vicinanza assoluta, come una questione propria, personale”, ha spiegato commossa a 9Colonne la professoressa Laura Moro, fondatrice della Familia Piemontesa di Paraná e membro del Comitato degli Italiani all’Estero (Comites) di Rosario. “Tutti gli italo-argentini che potevano viaggiavano a Roma per vederlo, per stargli vicino, e lui li ha sempre ricevuti con affetto, ricordando proverbi e modi di dire di sua nonna piemontese. Ora, con quella stessa intensità, stiamo vivendo questa notizia così triste. Con profondo dolore, col senso di una perdita e un grande vuoto. Non solo per la grande figura di un Papa argentino, ma anche di un fratello italiano, di un conterraneo. Qualcuno che si identificava sempre coi più deboli, anche per questo come italo-argentini lo ammiravamo. Ha sempre saputo comprendere la debolezza e la sofferenza che hanno vissuto i nostri nonni emigrando da una patria sofferente, sanguinante ancora a causa delle guerre. E immigrati in questa terra, che li ha ricevuti con amore, ma che sin dal primo momento ha chiesto loro sacrifici, lavoro duro, per stabilirsi in questa terra ancora vergine. Loro l’hanno fatta fiorire, con la loro destrezza, con l’abilità ereditata dai propri avi e con le loro mani callose”.
Moro ricorda che Bergoglio è uno dei discendenti illustri riconosciuti con il Premio dei Piemontesi Distinti, assegnato ogni anno dalla Federación de Asociaciones Piemontesas en Argentina (FAPA), e che nel 2013 era stato riconosciuto dall’associazione piemontese di Corrientes come socio onorario, alla presenza di autorità italiane e argentine. “Io mi sento particolarmente identificata con lui. Sono piemontese, nata a Torino, e l’ho sempre sentito così vicino a quei valori, quelle radici, quel modo di essere e soprattutto quell’onestà. Da buon piemontese aveva obiettivi ben chiari. E anche a costo di essere chiamato ‘testa dura’, li ha perseguiti fino a raggiungerli. Così è stato sempre, nel suo cammino in cerca del Padre, che oggi si conclude. Noi restiamo fedeli ai suoi valori, che sentiamo nostri in quanto italiani, e che erano soprattutto di non lasciarci mai andare, avere sempre chiare le nostre mete. ‘Sempre avanti’, ci diceva. ‘Fate casino’, invitava. ‘E cantate sempre, perché cantare unisce’. Quante volte Francesco ricordava la sua famiglia piemontese, parlava della bagnacauda, della gastronomia tradizionale dei suoi nonni, e cantava antiche canzoni piemontesi”.
Anche Alfredo Musitani, segretario del Comitato delle Associazioni Venete in Argentina (Cava), si trovava lunedì mattina in Plaza de Mayo, all’ingresso della cattedrale in cui soleva celebrare messa l’allora arcivescovo Bergoglio, per rendere omaggio al Papa. “Non ho mai avuto l’onore di conoscerlo”, chiarisce Musitani. “Il padrino di mia figlia era uno dei cosiddetti curas villeros, una persona molto pragmatica, che sosteneva i più giovani nelle favelas argentine, e mi ha raccontato spesso com’era la vita in questi luoghi, e l’appoggio che ricevevano dal Papa. È impossibile non voler bene a una persona così vicina, così impegnata a sostenere la gente che risolve davvero i problemi degli altri”.
Musitani spiega che, proprio poche ore prima della pubblicazione della notizia della morte di Papa Francesco, è arrivata a Buenos Aires la Madonna di Monte Berico, che già a partire da questo venerdì, in occasione della Festa della Liberazione, sarà esposta nella Plaza Italia della capitale. “Domenica speriamo di poterla portare alla messa nella chiesa di San José, nel quartiere Flores, il quartiere dove Bergoglio è nato”.
Il 2026 è stato dichiarato proprio da Francesco Anno Giubilare Mariano e della Rinascita, in occasione dei 600 anni della prima apparizione della Vergine Maria a Monte Berico. Nel suo ricordo, Musitani non nasconde un certo grado di polemica, legato al dibattito che attraversa oggi tutte le associazioni italiane in Argentina: “Io sono nipote di vicentini e calabresi. I miei figli e nipoti, a partire dalle ultime disposizioni sulla cittadinanza italiana, sono rimasti esclusi dalla possibilità di essere riconosciuti come italiani. Quello che abbiamo perso è un Papa che si è lanciato con forza contro ogni forma di esclusione, ed oggi è anche questa l’eredità che sento affiorare in queste circostanze tristi”.
Da ROMA sito turistico ufficiale
“Anche io sono figlio di migranti”, dice Papa Francesco. Con un occhio attento all’attualità e alla sempre più pressante questione dell’immigrazione, il Papa stesso ci spinge più volte a riflettere sul suo significato e sull’approccio più costruttivo che dovremmo avere anche noi nei suoi confronti. “Se non ci fossero state le persone che, all’epoca, hanno aiutato mio padre, io oggi non sarei qui”. Non avremmo neanche lo stesso Papa Bergoglio, se l’immigrazione in Argentina, un tempo, non avesse trattato gli italiani con riguardo e con propositività. A partire dal Piemonte, i nonni di Papa Francesco si spostarono verso il porto di Genova per sfuggire al fascismo e imbarcarsi in direzione di Buenos Aires. Ma il transatlantico che avrebbero dovuto prendere, e per cui avevano già comprato i biglietti, fu oggetto del più grande disastro navale italiano di sempre, e uccise tutti i suoi passeggeri. La strana coincidenza fu proprio quella che volle la famiglia Bergoglio trattenuta da un contrattempo e impossibilitata a prendere quella stessa nave, all’ultimo secondo. Dunque si salvarono, raggiunsero l’Argentina, e con questo permisero anche al nostro papa di nascere e diventare la persona importante che è oggigiorno. Scampati al disastro navale, i nonni di Jorge Mario Bergoglio sono ripartiti da zero a Buenos Aires. Raccontiamo questo: l’accoglienza ora e allora, il Papa ora e al tempo in cui era un semplice ragazzino argentino che improvvisamente ha sentito una vocazione più forte di lui. La figura ideale, da cui partire, è quella della giornalista Tiziana Lupi, autrice della biografia del Papa che, improvvisamente, decide di intraprendere una nuova ricerca a partire da un incontro con dei bambini, altri “figli di migranti” come lui, nati in Italia. “Quindi anch’io,un giorno, potrei diventare papa?”, chiede uno di loro. Un parallelismo fra il pontefice, le sue origini e le origini di tante persone costrette anche oggigiorno ad abbandonare la propria patria per ricostruirsi altrove. Nella stessa Genova troviamo la testimonianza di Massimo Minella, giornalista di Repubblica che ha raccolto in un libro chiamato “Genova-Buenos Aires-Solo Andata” le foto di quegli sbarchi, e testimonianze di tutti quei flussi emigratori dall’Italia verso l’Argentina che hanno interessato anche la famiglia Bergoglio. Viaggi della speranza e del riscatto che portarono milioni di italiani in Argentina. Da lì al racconto di Padre Ripamonti del Centro Astalli di Roma, che si occupa dell’accoglienza dei migranti in Italia, fino a passare proprio in Argentina, prima a Buenos Aires e poi, in particolare, nel vicino paese di Paranà dove andarono a vivere i nonni del Papa. Proprio in Argentina troviamo lo scultore Alejandro Marmo, più volte citato come artista preferito del papa. Marmo, non a caso, segue una filosofia molto simile al pensiero di Papa Francesco, nelle sue sculture: preferisce servirsi unicamente di scarti e rifiuti per creare arte, splendore; un po’ come quello che dice il Papa quando parla di tutti gli immigrati e i poveri che vengono lasciati lì, in balia della sorte, dimenticati da un mondo che potrebbe invece valorizzarli.
Con grande dolore e commozione, l’Ente Bergamaschi nel Mondo si unisce al cordoglio di tutto il mondo. La sua vita, tutta intera, è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua Chiesa. Come ha detto il card. Farrell “Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati”. E lo stesso papa poche ore prima della sua salita al cielo, aveva detto “Vorrei che tornassimo a sperare e ad avere fiducia negli altri, anche in chi non ci è vicino o proviene da terre lontane con usi, modi di vivere, idee, costumi diversi da quelli a noi più familiari, poiché siamo tutti figli di Dio!”.
“Fino all’ultimo giorno della sua vita – ha dichiarato il presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione episcopale per le migrazioni (CEMi), S.E. mons. Gian Carlo Perego – papa Francesco ha avuto nel suo cuore e nella sua mente il ricordo dei migranti. Da figlio di emigranti ha compreso nella sua vita cosa significa lasciare tutto e partire, soprattutto se costretti dalla fame, dalle guerre e dalle persecuzioni. Il suo impegno e il suo magistero per la tutela della dignità dei migranti ci accompagneranno nel lavoro quotidiano”.
si ringraziano tutti i mass media dai quali abbiamo tratto queste immagini, di cui peraltro non siamo riusciti a rintracciare la titolarità dei fotografi o delle agenzie fotografiche proprietarie delle immagini stesse utilizzate in questo articolo